Vinicio Capossela confessa: “L’attualità è un incubo”

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Vinicio Capossela illumina la scena musicale con il suo nuovo lavoro “Sciusten Feste n. 1965”, un album ricco di emozioni e riflessioni.

In questo progetto, il cantautore passa in rassegna il significato profondo delle festività, tra nostalgia e festa vera. Recentemente, ha presentato anche il documentario “Natale Fuori Orario”, che rende omaggio ai suoi indimenticabili concerti natalizi. Scopriamo insieme i dettagli di queste due opere e il pensiero di Capossela, che invita tutti a riscoprire il valore di stare insieme, soprattutto in un periodo storico in cui le feste sembrano aver perso il loro calore.

Nel cuore di Roma, in un albergo di via Veneto, Capossela racconta del suo documentario e del suo nuovo disco, frutto di un lungo percorso artistico. “Natale Fuori Orario” è non solo un semplice documentario, ma un viaggio che mescola il genere del road movie con il film-concerto. Attraverso questa opera, il cantautore celebra i suoi iconici concerti natalizi al Fuori Orario, un locale di Taneto di Gattatico, alle porte di Reggio Emilia, dove tutto è cominciato nel 1999. Si tratta di un evento che ha fatto la storia del cantautorato italiano, e rappresenta un appuntamento che i fan attendono con ansia ogni anno. Ma non fermiamoci qui, perché “Sciusten Feste n. 1965” è l’album che accompagna questo viaggio, una vera e propria collezione di canzoni che riflettono sul tema del festeggiare.

Composto da quindici brani, ognuno di essi è una reinterpretazione, una riscrittura di canzoni che parlano del Natale, accompagnata da tre pezzi inediti. Capossela non si limita a proporre un disco di canzoni natalizie, ma piuttosto offrirà un’esperienza musicale che abbraccia il mondo delle feste sotto una luce nuova e unica. Il disco è una fusione di swing, folklore italo-americano e tradizione musicale con influenze moderne, tutto condito da un cast prestigioso di collaboratori. Questo equilibrio tra malinconia e festa risuona in ogni nota del suo lavoro creativo, portando a una riflessione sulle nostalgie e sull’idea di festa nel mondo contemporaneo.

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Fonte: Instagram @ilgrandeviniciocapossela- Vinicio Capossela – Ilsovranista.it

L’essenza delle feste secondo Vinicio Capossela

Mentre si discute di eventi e celebrazioni, Capossela apre una riflessione sul senso della festa, affermando che, in un’epoca in cui la gioia sembra svanita, è cruciale riscoprire significati autentici. Con il suo nuovo disco e il documentario, ha voluto ricordare il valore profondo del celebrare, che non è solo una questione di festeggiamenti materiali, ma di connessione umana. Secondo il cantautore, la festività è un momento di intimità che va al di là dell’esteriorità delle feste moderne. L’importanza della celebrazione si radica nella riscoperta di relazioni genuine in un mondo dominato dalla superficialità.

Portando avanti il suo messaggio, Capossela riporta la visione della festa a una sorta di resistenza contro quella che lui considera una normalizzazione della tristezza sociale. La sua riflessione sulla festività deriva anche da un’attenta osservazione del presente: nell’attuale clima di disumanizzazione, il momento della celebrazione potrebbe rappresentare un’ancora di salvezza. Le sue parole, accompagnate da una certa ironia, possono far riflettere su quanto il nostro approccio al festeggiare possa essere cambiato e su come sia fondamentale ritornare a vivere le festività come momenti di connessione e affermazione della vita stessa.

Aspettative per i concerti futuri

Con l’album “Sciusten Feste n. 1965”, Capossela annuncia anche una serie di concerti in programma, conosciuti come “Conciati per le feste”. Ma quali sono le sue aspettative per questi eventi dal vivo? Il cantautore sottolinea che per lui la vera festa non è solo un evento da assistere, ma un’opportunità per esperire la connessione umana, una condivisione che va oltre le parole e i suoni. I concerti, secondo il suo punto di vista, dovrebbero essere occasioni per vivere la musica in modo intenso, dove ciascuno possa partecipare attivamente con il cuore e il corpo.

Capossela spiega che le sue canzoni puntano a trasformare anche il senso di solitudine in qualcosa di condiviso. La sua musica, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è solo un fenomeno da palcoscenico: è un modo per unire le persone, offre una cornice in cui ballare, abbracciarsi e sentirsi parte di una collettività. La danza, la musica, il coinvolgimento corporeo sono al centro di ogni concerto, facendo della nozione di festa un’esperienza autentica e palpabile. È proprio questa l’idea che il cantautore vuole trasmettere: la festa è un momento di vita che non deve essere soggetto a regole rigide, ma anzi un’emanazione della gioia e dell’umanità.

La festa come riflessione sociale

Infine, quando si parla di “Come e più di te”, Capossela tocca un tema complesso: l’invidia e la competizione sociale, fenomeni esacerbati dall’era dei social media. Quanto questo sentimento influenzi le nostre vite quotidiane e come possa ledere la genuinità delle relazioni? Il cantautore distingue l’invidia sana da quella patologica, evidenziando come il nostro approccio alla vita moderna possa trasformare il confronto in un problema invece che in un’opportunità di crescita. Attraverso la musica, invita a riflettere su questi temi, utilizzando la propria arte per trattare questioni di fondo, che meritano di essere esplorate con attenzione e consapevolezza.

Capossela, con la sua narrativa ricca di ironia e introspezione, riesce a portare in scena un discorso che abbraccia la dimensione psicologica dell’essere umano, collegando il tema della festa a un’analisi più ampia della società attuale. Le sue considerazioni non sono solo estemporanee, ma incapsulano un desiderio profondo di creare un dialogo attivo tra le persone. In un mondo sempre più dominato dalla superficialità e dalla competizione, la riscoperta del significato delle feste può diventare un atto di resistenza. La musica, così come gli incontri dal vivo, diventano quindi spazi di fuga da una realtà che si fa sempre più complessa e, a volte, opprimente.